Case in affitto: terminano i contratti di cinque anni

Giungono al termine i contratti quinquennali per le case in affitto in Spagna e nelle Canarie, come colpisce proprietari e inquilini ?

 

30 Aprile 2018 – La legge 4/2013, entrata in vigore il 5 giungno 2013 ha apportato nuove regole per migliorare il mercato delle case in affitto rendendolo più flessibile. Questa legge apportava delle modifiche alle norme della Legge degli Affitti Urbani (LAU) per cui variava la durata obbligatoria dei contratti delle case in affitto da cinque a tre anni, riducendo anche l’estensione da tre a un anno.

Il Ministero dello Sviluppo ha variato diverse norme della Legge degli Affitti Urbani 29/1994, allo scopo di dare una sferzata al mercato delle case in affitto in Spagna che in Europa la vedeva nelle posizioni di coda.

Nel 2013, secondo il ministero, nella UE le case in affitto coprivano circa il 30% del mercato, mente in Spagna di raggiungeva circa il 17%.

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Tornando agli affitti a lungo termine, la motivazione secondo il governo spagnolo era causata da un mercato immobiliare congestionato con un numero considerevole di proprietà in disuso o vuote e quindi con costi per le case in affitto molto elevati.

Quell’anno i costi delle case in affitto erano al minimo. Si è poi assistito a un aumento graduale che ha visto un’impennata alla fine del 2017.

Nei primi sei mesi del 2018 sono scaduti i seguenti contratti:

1) I contratti firmati ai sensi della LAU (Legge degli Affitti Urbani) del 1994:

– Contratti firmati tra gennaio e il 5 giugno 2013.

– Contratti stipulati nel 2010 (termine dell’estensione di 3 anni).

– Tutti i precedenti al 2010, che sono in tacito rinnovo (dopo i cinque anni più i tre di estensione).

2) I contratti firmati ai sensi della LAU del 1994 dopo la riforma del 2013:

– Contratti firmati nel 2013, 2014 e 2015, a condizione che non siano stati firmati nuovi contratti (siamo nelle estensioni annuali fino a un massimo di 3 anni).

Tutti questi contratti hanno avuto in questi anni prezzi bloccati e sono stati rinnovati in una situazione completamente diversa. I costi delle case in affitto tra il 2011 e il 2013 erano calcolati in un contesto di profonda crisi economica.

Ora i contratti di queste stesse case sono finiti e si sono rinnovati in uno scenario completamente diverso, in una realtà di miglioramento economico con un risveglio dei costi dopo 7 anni di letargo.

Ora, molti inquilini e proprietari che hanno sottoscritto un contratto prima di giugno 2013 non sanno in quale situazione si trovano e quali opzioni hanno.

Al riguardo sono stati consultati avvocati ed esperti del mercato immobiliare per rispondere alle tante domande legali e ai dubbi che possono sorgere, sia per il proprietario che per l’inquilino. Vediamone alcune.

 

Il proprietario è obbligato a risolvere il contratto dopo che sono trascorsi quei cinque anni?

 

No. Come spiegato da Daniel Loscertales, presidente della casa editrice giuridica Sepin, “i contratti di case in affitto fatti prima dell’attuale Legge 4/2013, termineranno questo 2018 ma senza pregiudizio per cui il proprietario possa o meno richiedere la risoluzione” dello stesso.

Nel caso in cui il proprietario decidesse di rompere il contratto, sarà necessario informare l’inquilino con un mese prima della scadenza, in conformità con l’articolo 10 della sopracitata legge LAU (Legge degli Affitti Urbani) per mezzo di un comunicato ufficiale, come per esempio un burofax.

Nel caso in cui non venga comunicata la rescissione, il contratto verrà automaticamente rinnovato.

I contratti precedenti al 2013 continueranno a essere disciplinati dalla loro stessa legge, quindi se solo l’affitto viene aggiornato, possono rimanere soggetti al tacito rinnovo.

Per i contratti di case in affitto dopo il 2013, dipenderà da ciò che faranno le parti:

– Se si decide di firmare un nuovo contratto, l’affitto viene “bloccato” per tre anni.

– Se si rinnova solo l’affitto, si intende che viene applicato un anno di proroga e per l’anno successivo il costo dell’affitto può essere aumentato nuovamente.

 

Il proprietario ha la facoltà di aumentare l’affitto con un aggiornamento del prezzo in base alle tariffe correnti di mercato?

 

Tutto dipende se avrà informato o meno l’inquilino inviando una comunicazione ufficiale, se si termina il contratto, il proprietario può firmare un nuovo contratto con le nuove condizioni.

Secondo Pelayo de Salvador, avvocato immobiliare di de Salvador Real Estate Lawyers, è essenziale notificare la volontà di risolvere il contratto con almeno un mese di anticipo.

“Se questa comunicazione di risoluzione non viene presa, l’inquilino può rifiutare qualsiasi aumento richiesto, dal momento che ha il diritto di rimanere in casa per altri tre anni”, il che sarebbe un tacito rinnovo, spiega Salvador ed “è applicabile solo l’aggiornamento dell’affitto secondo l’IPC (Indice di Prezzi al Consumo).

 

Come inquilino, posso rifiutare l’aumento del prezzo degli alloggi?

 

Come inquilino, puoi fare poco. Almeno, da un punto di vista legale, spiega Salvador. “Non è consigliabile rifiutare di ricevere notifiche o di non ritirarle in Posta, dal momento che è un comunicato validato nel momento in cui la notifica è resa disponibile”, chiarisce Salvador, inoltre nel contratto di affitto che hai stipulato, quasi certamente vi sarà specificato l’indirizzo per le notifiche e comunicazioni.

Altro aspetto diverso è se dopo la scadenza di cinque anni, le parti si impegnano a rinnovare il contratto e concordare un nuovo affitto a beneficio di entrambi.

Come ha detto Loscertales, presidente della casa editrice giuridica Sepin, “Se l’inquilino non si preoccupa della richiesta del proprietario essendo stato avvisato con la procedura prima citata nell’art. 10, si procederà allo sfratto per ‘scadenza del termine’ procedimento contemplato dall’art. 250.1 della legge sulla procedura civile “.

 

Cosa devo fare se mi informano della risoluzione del contratto di affitto?

 

Come inquilino se respingo l’aumento dei prezzi, Salvador consiglia “iniziare a lavorare su un ‘piano B’, rivedendo il mercato in vista di case simili a quella attualmente occupata, sia per ottenere informazioni sui prezzi di mercato al momento della trattativa con il padrone di casa “o” per avere un’alternativa in caso, infine, non fosse possibile raggiungere un accordo con il proprietario “.

 

Come padrone di casa, che tipo di aumento posso fare al mio inquilino?

 

Il mercato dei prezzi delle case in affitto è libero, è regolato dalla domanda e dall’offerta, e il proprietario può stabilire il prezzo che ritiene appropriato, in base all’area e alle condizioni della proprietà.

Ora, David Caraballo, di Alquiler Seguro, un’agenzia a tutela dei proprietari, consiglia di valutare la “stabilità” cioè mantenere un inquilino che non dà problemi, e tra altri fattori, valutare anche i costi di una ristrutturazione della proprietà, il tempo di ricerca di un nuovo affittuario.

Per Caraballo “ogni caso è unico e deve esserci un equilibrio tra le due parti che deve essere valutato”.

De Salvador, d’altra parte, ricorda che “nulla impedisce di firmare affitti per lunghi periodi”, perché le norme parlano solo della durata minima obbligatoria.

“Sarebbe questione di raggiungere un accordo con il proprietario che garantisca una stabilità di cinque o dieci anni”.

Comunque, ora che il mercato degli affitti è stato professionalizzato in questi cinque anni e il precedente contratto è molto probabilmente obsoleto, è tempo di aggiornare i contratti delle case in affitto, spiega Caraballo.

Per cui ci sono delle regole importati da seguire per firmare un nuovo contatto. È importante farsi seguire da una figura professionale come un immobiliarista, fare una revisione dello status giuridico della proprietà prima di affittare (falsi proprietari, pignoramenti) soprattutto se vi chiedono diversi mesi di pagamento in anticipo, come spesso succede con gli affittuari stranieri che vengono alle Canarie senza un lavoro o senza una stabilità economica che possa tranquillizzare il proprietario.

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Marco Misto

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